Rinnovatore della mitica età dell’Oro per i suoi sostenitori. Il più temibile nemico della cristianità per i pontefici che lo avversarono. Ma Federico Il di Svevia fu molto di più: personaggio affascinante, dal grande spessore politico e culturale, seppe dare vigore e orgoglio alle genti del Meridione d’Italia. E le sue tracce sono oggi ancora visibili in tutto il Sud, dove si impongono con forza alla furia del tempo e della modernità. Federico nacque a lesi il 26 dicembre 1194 sotto una tenda innalzata nella piazza. Così aveva deciso sua madre, Costanza d’ Altavilla, figlia di Ruggero Il Normanno, Re di Sicilia, moglie dell’Imperatore Enrico VI di Hohenstaufen, della grande dinastia tedesca. Ella aveva già quarant’anni e questo figlio le era giunto dopo otto anni di matrimonio.
Il padre Enrico VI, figlio di Federico I Barbarossa, destinò a lui l’eredità del regno in Italia meridionale. Morirà nel 1197. Nel I 198, anno in cui scomparve anche Costanza, Federico a soli quattro fu incoronato Re di Sicilia, Duca di Puglia e Principe di Capua. E fu affidato alla tutela del Pontefice Innocenzo 111. Per lui il Papa avrebbe voluto un destino tranquillo, lontano dalla vita politica. Ma nelle vene di Federico scorreva il sangue degli Hohenstaufen, del Barbarossa, di suo padre Enrico IV. Il giovane non si sottrasse al suo destino. ricostruì l’Impero, costruì il primo Stato centralizzato, imbrigliò le ambizioni temporali della Chiesa e ammaliò il mondo con la naturalezza con cui compì quest’opera immane.Incoronato Re il 26 dicembre del 1208, a quattordici anni, Federico mostrò subito di avere le idee chiare. I suoi primi pensieri volsero al Sud, dove la situazione era tutt’altro che facile. Durante gli anni della sua permanenza in Germania il regno di Sicilia era rimasto in balia dei comandanti militari tedeschi. Inoltre, feudatari e comunità cittadine avevano approfittato della debolezza della monarchia per estendere i loro domini e le loro autonomie. li primo obiettivo che egli si pose fu, pertanto, quello di rivendicare tutti i diritti regi che erano stati usurpati nel trentennio precedente. Si decise di confiscare tutte le fortezze costruite abusivamente in quegli anni, furono rivendicati i diritti dello Stato su passi, dogane, porti e mercati, per cui furono annullate le pretese dei signori locali e le esenzioni di cui godevano i mercanti stranieri. Sotto il controllo del re furono riportati anche i feudi, di cui fu vietata la vendita senza l’autorizzazione regia; e fu imposto l’assenso del sovrano per i matrimoni dei vassalli. Ma contemporaneamente, Federico adottò tutta una serie di misure, inconsuete per una monarchia degli inizi del Duecento, per risollevare le condizioni economiche del regno, facilitando gli scambi e garantendo la sicurezza delle strade. Inoltre, volendo potenziare l’apparato burocratico-amministrativo dello Stato e avendo bisogno per questo di giuristi e di funzionari ben preparati, nel 1224 fondò a Napoli quella che è da considerare la prima Università statale del mondo occidentale (che prese il suo nome), concedendo facilitazioni di vario genere a coloro che volessero frequentarla e proibendo nello stesso tempo ai suoi sudditi di recarsi a studiare a Bologna o altrove. Ma l’impegno di Federico per le genti del Sud non si esaurì a questo. L’imperatore diede anche impulso alla Scuola Medica di Salerno, da Melfi promulgò le Costituzioni che diedero l’ossatura al suo Stato centralizzato, su una collina della Capitanata in Puglia, fece edificare, tra gli altri, il celebre Castel del Monte, che egli stesso aveva progettato, si dice insieme al Sole. Innovativo anche in campo giudiziario, il sovrano di casa Hohenstaufen pose il criterio di equità al centro del suo impegno ad amministrare la giustizia senza eccezioni di sorta nel confronti di nessuno. Viene enunciato il culto della pace, di cui è garante il re, come riscontro consono della giustizia in un rapporto di armonica reciprocità. In questo compito i giudici svolgono, in nome del sovrano, una funzione pressoché sacra, un intento che viene confermato da alcune puntuali correlazioni: il giuramento imposto a tutti i ministri di agire con equità, l’irrigidimento dei criteri di selezione ed il forte impegno per elevare il livello culturale dei funzionari regi. Chi mette in discussione l’operato come chi disputa delle azioni sovrane, e per lui dei suoi ministri, commette sacrilegio. Per contrappasso con estrema severità è punito il ministro che nell’esercizio dell’ufficio devia dal mandato ricevuto. Da segnalare, infine, in campo economico, Nelle principali città del Sud la lotta di Federico Il all’ usura. (Napoli e Bari innanzitutto) c’erano dei quartieri ebraici ed erano gli ebrei a svolgere anche sotto il regno del figlio di Costanza d’Altavilla l’attività di prestare denaro con gli interessi. Federico non voleva che gli ebrei fossero vittime dei cristiani, ma non desiderava neppure il contrario. Decise allora di ricondurre le attività economiche degli ebrei sotto il controllo pubblico, accordando loro protezione, o meglio, imparziale giustizia e garanzia dei diritti, come a tutti gli altri sudditi del regno. Fu il primo sovrano europeo a far ciò. Nelle Costituzioni di Melfi con gli ebrei. Riconobbe del 1231 Federico sancì questo nuovo patto lecito il prestito ad interesse, ma stabilì il tasso del dieci per cento annuo. Protesse ed agevolò la florida comunità ebraica di Trani, ma concentrò in Puglia e Calabria tutta la seta grezza, e trasformò i tradizionali monopoli ebraici della seteria e della tintura in monopolio industriale dello Stato. Gli artigiani ebrei lavoravano su concessione di un privilegio regio che fruttava denaro all’erario… Federico morì nel castello svevo di Fiorentino la notte del 13 dicembre 1250. Non fu solo uomo politico, ma guerriero, filosofo, architetto e letterato: esempio ineguagliabile di uomo integrale.
Un federalismo che viene da lontano
Federico II tentò di costruire uno Stato nel senso moderno del termine. Oggi, parlare di Stato assoluto è, come minimo, anacronistico. A quei tempi era l’unica via per garantire pace e sviluppo. Signorotti e feudatari locali si facevano guerra di continuo. La sola autorità più o meno unanimemente riconosciuta era quella della Chiesa di Roma. Un’autorità spirituale che prendeva forza anche dall’esercizio astuto e attento del potere temporale.
Quando Federico nacque (nel 1194 a Jesi) sulla cattedra di Pietro sedeva Innocenzo III; incoronato nel 1189, per 27 anni lavorò assiduamente ad un solo progetto: assicurare alla Chiesa le due chiavi, quella del potere spirituale e quella del potere temporale. Federico, rimasto orfano, a 5 anni ebbe come tutore proprio questo papa. Nipote del Barbarossa, Federico II di Svevia fu imperatore di Germania e d’Italia nonché re di Sicilia. Il Patrimonio di Pietro era schiacciato a Nord e Sud dallo stesso padrone: per il papato era preferibile aver che fare con più "padroni" e quindi manovrare con la politica delle alleanze a tempo. Fra il papato e l’imperatore fu un continuo braccio di ferro: Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX si successero sul trono di Pietro e Federico fu scomunicato e perdonato più volte, ma non rinunciò mai al progetto di creare uno Stato forte all’insegna del Sacro Romano Impero. Promise di rinunciare alla corona di Sicilia e di fare crociate contro gli infedeli. Non soltanto si tenne stretto il regno meridionale, quanto stipulò patti con il sultano e con gli emiri egiziani e siriaci, rimettendo in piedi il regno di Gerusalemme e assumendone la corona grazie al matrimonio con Iolanda di Brienne. Mentre Federico operava per acquistare piena autonomia da Roma, in Germania principi e baroni lottavano per essere autonomi e nell’Italia del Nord i Comuni facevano altrettanto. Nel frattempo la Francia veleggiava verso la costituzione dello Stato unitario in relativa tranquillità. Il regno d’Italia restò un sogno finché a tagliare lo stivale in due ci fu il regno del papa. Ma questa è un’altra storia. Qui ci preme rispondere ad una domanda: come si concilia la geopolitica federiciana con il Federalismo d’oggi? Abbiamo visto che lo Stato accentratore in quel secolo era una necessità. L’esistenza di una miriade di regni, principati, baronati e comuni s’accompagnava a lotte sanguinose e senza fine. Le vittorie non erano mai definitive così come le sconfitte. La costruzione di uno Stato imposto a tutti avrebbe sì limitato l’autonomia politica di popoli e genti (o meglio l’indipendenza dei signori che li governavano) ma avrebbe consentito alcune vere libertà. E avrebbe sancito la necessaria divisione fra il potere politico e quello della Chiesa. Federico fu addirittura sospettato di eresia perché esercitava tolleranza nei confronti delle altre religioni. È vero che a soli 14 anni aveva usato il pugno di ferro con i baroni di Puglia e Calabria, ma è anche vero che la corte di Palermo resta a tutt’oggi un esempio di tolleranza, ma soprattutto di integrazione e interazione culturale. Se ancora oggi sopravvivono resistenze nei confronti dei "diversi", è facile immaginare lo scandalo di una corte che accoglieva ebrei, musulmani d’ogni razza e matematici, astronomi, medici, filosofi e "ideologi" di tutte le ideologie. C’erano perfino gli "eretici" minnesanger (trovatori) tedeschi e albigesi perseguitati dal papa. Le costituzioni legislative e gli ordinamenti amministrativi, frattanto, gettavano le basi di una moderna monarchia. Affianco ad un "assolutismo" politico, Federico diede vita ad una "repubblica" delle scienze e del pensiero. E cos’è l’autonomia di un popolo se non il rispetto per le tradizioni e per la cultura? Anzi, un’autonomia di tipo politico-amministrativo non significa granché se vengono cancellate tradizioni culturali (dall’uso della propria lingua alla gastronomia) omologando i comportamenti a quelli di altre genti altrettanto "autonome" e altrettanto "schiave" di modelli socioculturali estranei.
Quando Federico II morì a Castelfiorentino, in provincia di Foggia, il 13 dicembre del 1250, si spense il sogno politico ma restarono in vita le sue leggi. Un esempio? Le disposizioni che regolamentavano la professione medica. Il medico doveva garantire all’ammalato due consulti al giorno e, se necessario, uno di notte. Il medico doveva prestare gratis la propria opera ai poveri. Tutti potevano diventare medici: anche le donne. Ma erano obbligatori 3 anni di logica e 5 di studi specifici nell’Università di Salerno, l’unica autorizzata. Dopo 8 anni di corsi, c’era l’esame di pre-laurea. Poi, un anno di tirocinio presso un medico esperto. Dopodiché l’esame per la "Licentia Medendi". Funzionari appositi vigilavano su lavoro dei farmacisti: controllavano confezionamento e prezzi di sciroppi e medicamenti.La pubblica igiene era garantita da controlli sulla vendita di carne, pesce e del vino nelle cantine. La legislazione emanata da Federico per la sanità fu senza precedenti e d’esempio per il futuro. Un anonimo scrisse alla sua morte: "Cecidit sol mundi, qui lucebat in gentibus; cecidit sol iustitiae; cecidit amor pacis".Esagerato? I peana cantati in omaggio ai potenti sono naturalmente "caricati". Nel caso di Federico II, è esagerato il fatto che ancor oggi si sottolinea la sua politica di potenza, la sua strategia assolutista e si dia molto meno peso, invece, al rispetto e alla curiosità intellettuale che nutriva per le diverse culture, per le diverse tradizioni e per i popoli coi quali venne a contatto.
Adolfo Spezzaferro